lunedì, giugno 18, 2007

A lenti passi sulla neve in montagna nel bosco.

intervista a Mario Rigoni Stern, apparsa su Slow Food.

Quali sono i primi ricordi della sua infanzia sull’altipiano di Asiago?

Ho aperto gli occhi sull’altipiano alle soglie dell’inverno e ho ricordi che vanno molto indietro nel tempo. Avrò avuto un anno e ricordo la galaverna che illuminava le pareti della mia stanza, perché non c’era riscaldamento, i vetri coperti di ghiaccio e il baluginare delle fiamme nel forno di cotto che tenevamo in camera. E poi ricordo il lumino a olio che avevo sul comodino.

Ottantacinque anni tutti passati sull’altipiano. Perché non l’ha mai lasciato?

Perché è il luogo dove sto bene. Amo i luoghi senza confusione. Ci sono posti nel mondo che mi lusingano, che mi piacciono: il Portogallo per esempio verso l’Atlantico, quei villaggi poco popolati, silenziosi, dove si sente solo il rumore dell’oceano. Oppure la steppa della Russia. Quindi il bosco.

Nel bel ritratto che Carlo Mazzacurati le ha dedicato, lei confessava a Marco Paolini il suo sogno anarchico: passare tutta l’eternità a sciare nei boschi.

Certo, sarebbe bellissimo. Andare senza pericoli, con i propri pensieri, senza fatica, tranquillo. Il bosco come un paradiso terrestre dove l’uomo può vivere seguendo l’andamento della natura.

Lei ha dedicato un libro, Arboreto salvatico, alla capacità del bosco di guarire.

Il bosco guarisce la nevrosi, l’insonnia e l’inappetenza… non è certo poca cosa. E poi il bosco è ricchissimo di riserve: bacche, germogli, funghi. Basta non accanirsi alla ricerca dei porcini, ce ne sono tanti ancor più buoni. Solo i fanatici si fissano, e calcolano la qualità della vita con la quantità. Non bisogna essere ingordi perché ciò che si ama si deve mantenere in vita.

E la gente, i montanari? Sono diversi quelli delle sue parti dagli altri che ha conosciuto?

Erano diversi. Perché la tradizione, la storia li avevano resi diversi. Fino alla prima guerra mondiale i nostri vecchi parlavano un linguaggio piuttosto strano che chiamavano cimbro, era un tedesco medievale che aveva molto a che fare con la mitologia nordica. La prima guerra mondiale, la seconda, la televisione, il turismo, i fuoristrada e gli aeroplani hanno cambiato questo modo di vivere antico. Il nostro altipiano non ha castelli di principi, non ha ville di signori, non ha cattedrali di canonici perché eravamo noi i proprietari di tutto.

Il terreno era della comunità e la comunità amministrava tutti i beni di boschi, di montagne e di pascoli. Era una confederazione di comuni, come in Svizzera, creata nel 1300 e durata per più di 500 anni.

Oggi non è più così?

Gli interessi economici hanno fatto perdere questa tradizione. Non c’è più rispetto per questo antico modo di vivere, si crede di risolvere tutto avendo due o tre macchine e magari due case, una in montagna e una al mare. Tutto questo non fa che distrarre l’uomo dalla sua essenza.

Non si deve crescere solo economicamente. Abbiamo una velocità alta per quello che riguarda le scoperte, la scienza, il progresso mentre la crescita morale ha rallentato il passo.

Arboreto selvatico

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