domenica, agosto 26, 2007

La Banca D’Italia, ovvero, la mafia di stato

La Banca D’Italia, ovvero, il secondo tragico Fantozzi e la corazzata Potemkin

di Paolo Franceschetti


In questi giorni però sto preparando la terza edizione del mio manuale di diritto amministrativo e approfondendo la questione della natura giuridica della Banca d’Italia i conti non mi tornano.

Se nelle prime due edizioni scrivevo infatti che la Banca d’Italia è un ente pubblico (e del resto la natura pubblica dell’ente è stata ribadita anche dalla Cassazione nel 2006), pur essendo privatizzato, perché ha un fine pubblico e un sistema di controlli pubblici, ultimamente mi sono ricreduto. Il 95 per cento delle azioni è infatti in mano alle banche private. (2)

Questo significa che gli utili della Banca vanno a soggetti privati. Quel che è peggio, significa che la Banca D’Italia, che dovrebbe vigilare sulle banche, è in mano agli stessi vigilati. Un po’ come mettere Riina a capo della Procura di Palermo.


http://www.altalex.com/index.php?idnot=36463

Il linguaggio giuridico, cioè, diventa uno strumento di potere e di manipolazione, perché grazie a questo stato di cose si possono nascondere determinate cose, senza che la gente ne venga a conoscenza e senza che, nei dibattiti politici che ne conseguono, il cittadino medio riesca a percepire effettivamente quale è il vero problema.

Uno dei casi più assurdi credo sia quello in materia di signoraggio. Pochi sono capaci di capire che dietro alle sentenze sul signoraggio, emesse la prima da un giudice di pace, la seconda dalla Cassazione a SS.UU. e pubblicate nel numero 0 di Altalex mese, si nasconde un buco di centinaia di milioni di euro, forse migliaia, ai danni delle casse dello stato e dei cittadini. Probabilmente, la verità è che neanche la maggior parte dei politici (molti dei quali non sanno neanche cosa sia la Consob e non hanno neanche gli elementi giuridici base) è a conoscenza del reale stato di cose che si cela dietro a questo problema del reddito da signoraggio, il che porta ad una specie di paradosso, cioè quello del potere che si cela a se stesso.

Insomma, troppe categorie traggono vantaggio da questo stato di cose, perché si possa sperare che cambino, mentre chi subisce gli svantaggi di questo sistema non ha il potere per farsi valere, perché sono gli studenti, i cittadini vessati da un sistema che non capiscono, gli amministratori pubblici che hanno a che fare con normative incomprensibili e che spesso passano giorni a domandarsi “ma ho il potere di fare questa cosa o no?”.

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