L'estate dell'amore, quarant'anni dopo - Corriere della Sera Il flower power, gli hippies: il culmine di una breve stagione L'estate dell'amore, quarant'anni dopo San Francisco: nel '67 nasce una rivoluzione culturale che contagia il mondo. Ma droghe e violenza cancellano speranze e utopie | |
Peace and love. In queste due parole, diventate simbolo di una generazione, sembra contenuto il manifesto di una nuova era. Non sarà proprio così, ma a metà degli anni '60, San Francisco, in California, diventa il crocevia di tutto o quasi: cultura, musica, poesia, nuova letteratura, protesta sociale, rivoluzione dei costumi e della moda. Gli studenti di Berkeley hanno davanti la lezione di Marcuse, la poesia di Ferlinghetti, il nuovo romanzo di Kerouac. E tanta nuova musica. In quell'estate di quarant'anni fa almeno 100mila giovani provenienti da varie parti degli Usa e del mondo, arrivano nella città californiana, stabilendosi prevalentemente nel distretto di Haight-Ashbury, nella zona di Berkeley e del Golden Gate Park.
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Il manifesto del Montery Pop Festival del 1967 |
FLOWER POWER - Il «Flower Power» comincia in questa «culla» e unisce pacifismo, voglia di ritorno alla natura, rifiuto del modello sociale dominante. Oltre all'uso delle più svariate droghe, fino a quel momento un fenomeno d'élite. L'utopia è quella dell'amore individuale e universale. Improvvisamente abbigliamenti floreali diventano moda di strada, così come è rapida la diffusione delle droghe, che fa crescere il mondo della cosiddetta psichedelia anche nell'arte e nella musica. La scena musicale di San Francisco ribolle: centinaia di gruppi e artisti si esibiscono in decine di locali. Solo alcuni uscirann
o dall'anonimato e diventeranno famosi: Janis Joplin, Jefferson Airplane, Quicksilver Messenger Service, Buffalo Springfiled, Canned Heat, Doors, Youngbloods, Joni Mitchell, Mamas & Papas, Byrds, Grateful Dead e molti altri. Proprio nel 1967 esce «Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band» e il capolavoro dei Beatles crea un ponte fra quanto accade in California, la nuova musica della West Coast e il resto del mondo, diventando il simbolo universale che riunisce tutti gli umori, i suoni, le attese e le imperfezioni delle nuove generazioni. ■ Quando esplose la stagione dei fiori di Raneri Polese (dal Corriere della Sera del 7 luglio 2005) |
Allen Ginsberg durante un reading di poesia (Ap) |
MUSICA, LSD E POESIA - Dall'estate del '65 al culmine della «summer of love» nel 1967, la breve ma intensa stagione dei «Flower Children» cambia la città: la zona di Haight-Ashbury e Panhandle diventa sede di una comunità nuova e lascerà segni profondi (ancora oggi si organizzano dei tour guidati a quello che fu il quartiere dei «figli dei fiori» e degli hippy). L'estate del '67 è ancora oggi ricordata come «l'estate dell'amore». Ma certamente non va dimenticato che quella è stata anche una stagione nella quale la droga era la base di una vera e propria cultura: era la prima scoperta e gli stupefacenti di ogni genere, dai funghi allucinogeni all'acido lisergico, erano considerati strumenti per l'espansione della mente, delle percezioni e delle possibilità.
MONTEREY - I drammi e purtroppo tanti lutti sarebbero venuti di lì a poco, coinvolgendo più di una generazione e molti dei miti musicali dell'epoca. Ma intanto il
Monterey Pop Festival a metà giugno è un momento magico che anticipa Woodstock e mette insieme artisti bianchi impregnati di psichedelia con le voci del soul nascente nel Sud, come Otis Redding e Lou Rawls. Sul palco del primo vero festival rock di sempre salgono Mamas & Papas e Byrds, Jefferson Airplane e Jimi Hendrix, Buffalo Springfield e Simon&Garfunkel, Al Kooper e Eric Burdon. E ancora: Janis Joplin, Who, Quicksilver Messenger Service, Steve Miller Band, Laura Nyro... Sullo sfondo ci sono la contestata guerra in Vietnam, l'utopia di un mondo senza guerre e, soprattutto, senza bombe atomiche, vero incubo del momento. Si legge in pubblico nei reading collettivi
The Bomb, di
Gregory Corso, o
L'Urlo di Allen Ginsberg per esorcizzarlo. Lo
Human Be In di San Francisco, nel parco sotto il Golden Gate, è un altro degli eventi simbolo ( e controversi) di quell'anno per molti aspetti irripetibile.
INNO - L'ideale di pace e amore viene cancellato però già l'anno dopo al concerto dei Rolling Stones ad Altamont Pass, a est di Berkeley, con la morte di un fan causata dagli Hell's Angels. Paradossalmente la canzone simbolo dell'estate dei fiori resterà quella di un artista minore: «San Francisco», unico e solitario (ma universale) hit di
Scott McKenzie. Esce giusto nel 1967 come lancio del Monterey Pop Festival e il testo scritto in 20 minuti da John Phillips dei Mamas & Papas
(leggi l'originale) riassume l'utopia della città dell'amore. Non è la canzone più bella o significativa del momento, di sicuro: è una banale ballata. Ma diventa una sorta di inno (soprattutto per quella frase : «accertati di mettere dei fiori tra i capelli») che sarà ripreso da chiunque vorrà ricreare, anni dopo, quell'atmosfera in un programma tv o nei film ( come in «Forrest Gump»). L'eco dei «figli dei fiori» arriva anche in Italia, influenzando il beat di casa nostra con qualche riferimento in alcune canzoni e soprattutto diverse copertine in stile floreale. Ma quando comincia a diventare moda ha già finito di esistere. Nel 1997 è stata organizzata a San Francisco una serie di iniziative per ricordare quella stagione (riassunte in un
sito con link, gallery di foto d'epoca e personaggi). E il
San Francisco Chronicle dedica ora, a 40 anni da quegli eventi,
una pagina alla «summer of love» del '67 con una bella gallery di fotografie per rivedere le immagine di un'epoca confusa e contraddittoria ma ricca di creatività, forse la prima e ultima stagione di vera speranza collettiva espressa dalle giovani generazioni, con lo stesso linguaggio, nel mondo occidentale.
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Uno dei manifesti per il concerto del 40esimo anniversario al Golden Gate Park |
RIEVOCAZIONE - Come già
nel 1997, per il «trentennale», anche quest'anno i 40 anni dell'estate dell'amore saranno ricordati. Il 2 settembre, al
Golden Gate Park un concerto cercherà di riprtare qualcosa dell'atmosfera e della musica di allora, anche se è difficile paragonare il «cartellone» degli artisti di allora e quello di oggi. Ma ci sono ancora Ray Manzarek (artefice dell'avventura dei Doors insieme a Jim Morrison), l'inossidabile Country Joe McDonald, i Canned Heat, i New Riders of the Purple Sage con il loro country rock ispirato agli esordi dalla
slide di Jerry Garcia. Ma la controcultura di 40 anni fa sarà ricordata anche in altre città degli Stati Uniti: da New York, dove il Lincoln Center dedica agli innovatori degli anni Sessanta la
rassegna all'aperto, a Minneapolis, dove
l'Institute Of Arts ha allestito una mostra fotografica e grafica sui protagonisti di quel periodo. C'è anche un tour di Jefferson Starship (senza Grace Slick), Big Brother & the Holding Company (la band che fu di Janis Joplin) e Tom Constanten (ex dei Grateful Dead) in 17 città americane. Ma per molti aspetti, soprattutto quello musicale, è meglio ricordare che rivivere, anche perchè molti dei migliori protagonisti di quella stagione non ci sono più e chi resta non sempre è all'altezza dei propri momenti più felici. Sempre meglio non diventare reduci di se stessi.
Elio Girompini
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