giovedì, luglio 12, 2007

dirigismo e analfabetismo economico.

Donne in pensione a 65 anni Sarebbe vera parità? - LASTAMPA.it

La battaglia condotta bypartisan per le pari opportunità in politica ha fruttato finora solo qualche ministero senza portafoglio. Ma le donne ritrovano, loro malgrado, al centro del dibattito politico. Il tema è l’allungamento dell'età pensionabile, causa emergenza conti pubblici.

L'Italia, com’è noto, è sull'orlo del declassamento per colpa del suo debito pubblico e le spese in uscita ogni anno per le pensioni ammontano al 15% del PIL. Circa il 25% di questa somma è destinata alle pensioni under 65. Finora esclusa dai provvedimenti che, per gli uomini, hanno progressivamente innalzato l’età della quiescenza fino ai 65 anni, l’altra metà del cielo è ora nel mirino. Si calcola, infatti, che trattenere un solo anno al lavoro le donne vorrebbe dire risparmiare fino a 500 milioni di euro. Il nostro Paese, poi, ha, fra gli altri record, quello dell’età di uscita dal mondo del lavoro più bassa in Europa.

In Austria l'età minima pensionabile é 65 anni per tutti (maschii e femmine), in Francia oscilla tra i 60 e i 65 (unisex), in Germania è di 65 anni, in Svezia é posticipabile fino ai 70. A favore dell’innalzamento dell’età pensionabile per le donne si cita volentieri un dato statistico-matematico. Una donna, che ha una vita media di oltre 80 anni, va in pensione a 60 e quindi grava sulle casse dell’Inps per una ventina. L’uomo, la cui vita media è più bassa, 75 anni, andando in pensione a 65, pesa sui conti pubblici per la metà del tempo, 10 anni.

Il dibattito è apertissimo e la discussione ancora una volta elude schieramenti e ideologie, da Emma Bonino che aderisce, in nome della logica, a Stefania Prestigiacomo che parla di «parità a perdere».

===========================================

Certo che facendo i conti sulla longevita' media, restituendo al pensionato i contributi versati e amministrati dal fondo pensione, non vi sarebbero squilibri. Ma ovviamente non e' cosi', perche' per anni la pensione - ai tempi dell'eta' dell'oro del debito pubblico - veniva determinata in funzione dell'ultimo stipendio e non di quanto contribuito. Inoltre, ricordiamoci dei pensionamenti anticipati, della cassa integrazione e delle procedure di mobilita'. Ora che i lavoratori precari sono in minoranza rispetto ai pensionati di ferro, qualcuno si e' reso conto che i flussi delle casse pensione stanno andando a rischio default.

Beh, potevano pensarci prima, visto che i privilegi concessi, per tradizione italiana non si toccano mai, resta il fallimento come via di uscita. Le nuove generazioni saranno autorizzate ad effettuare espropri proletari nei confronti dei pensionati, oppure votare le leggi sull'eutanasia. Mors tua vita mea.

Gia', perche' se e' chiaro che sotto i 65 anni pensione nada, e' anche vero che non basta dire che si deve lavorare per fare in modo che le persone lavorino e contribuiscano. Non e' spostando l'eta' pensionabile che magicamente i nonpiu'pensionabili si ritrovano a lavorare. Semplicemente il numero di posti di lavoro disponibili e' quello determinato dal mercato, ma incrementando il numero di lavoratori, saranno in percentuale di meno quelli che lavorano, diminuendo dunque il potere contrattuale di tutti i lavoratori. Ovvero, chi invecchia con stipendi alti verra' bonariamente indotto a cercarsi un altro lavoro, ovvero togliersi dalle palle. Chi cerca un lavoro, per eccesso di domanda si vedra' costretto a proporre prezzi sempre decrescenti, contribuendo sempre meno alle pensioni dei pensionati d'oro. Gli unici che continueranno a lavorare a stipendi ben pasciuti saranno sempre e soltanto i nonpensionabili che lavorano per lo stato, gia' fagocitanti oltre il 50% del PIL con propensione a contrattare per avere aumenti superiori al mercato privato. E intanto la spesa pubblica corre e si incrementa contribuendo alla crescita del PIL ma gravando sempre e soltanto su quelli che gia' non arrivano alla fine del mese. Le famiglie tirano la cinghia e si aiutano, quando non si danno le coltellate e si cannibalizzano a vicenda.

Di questo passo la gente non solo non paghera' piu' le tasse, ma andra' all'assalto dei baroni di stato che si sono messi in tasca il loro futuro. La rivoluzione del precariato e' alle porte.

E se addirittura anche lo statalista Scalfari si incazza, evidentemente siamo alla frutta.

Nessun commento: