sabato, febbraio 17, 2007

il teorema di mariana. divorziopoli is about to begin.

C’era una volta un Paese lontano ove le donne erano assai poco considerate: facilmente venivano ripudiate e, quando finiva il matrimonio, i figli venivano loro affidati nel 3% dei casi.

Se qualcuna si opponeva in giudizio, il Sultano, un autentico misogino che era anche il Magistrato Supremo, incaricava uno dei suoi Psicologi di Corte di stabilire il miglior assetto affidativo.

Gli Psicologi di Corte, però, non erano affatto stupidi: avevano imparato che il committente non gradiva soluzioni che andassero a favore delle donne. Come potevano correre il rischio di essere delegittimati dal Sultano a causa di suggerimenti originali?

Peraltro avevano anche ben presente che il loro guadagno dipendeva dalla durata delle perizie. E così si erano adattati…le perizie duravano mesi, anche se gli esiti erano scontati, di prassi, e sempre chiedevano al Sultano remunerative proroghe e momenti di verifica a distanza.

Uno di questi Psicologi si chiamava Mariana e, caso strano, era una donna.

Ella aveva comunque guadagnato la stima del Sultano curando uno dei di lui figli (il quale aveva avuto in passato, molto tempo prima, una brutta depressione) e lavorava ormai nel Palazzo da anni seguendo la Famiglia Reale e la servitù. Nel conceder questo il Sultano doveva chiudere (ma lo faceva volentieri) un occhio sulle Leggi che Egli stesso aveva promulgato: queste prevedevano che ci fosse una regolare turnazione dei periti e che nell’elenco venissero inclusi solo professionisti che abitavano vicino al Palazzo (mentre Mariana abitava molto lontano). Ma era tale la Sua riconoscenza …

Era perciò così oberata di lavoro, Mariana, che a fatica riusciva a fare le perizie (tante, veramente tante) per il Tribunale. Finì che, per poter fare tutto, iniziò a fare clandestinamente le perizie all’interno del Palazzo Reale negli orari dedicati all’entourage del Sultano. Era cosa vietatissima ma Mariana era sicura che nessuno sarebbe mai venuto a contestare lei, che era in posizione di assoluto privilegio.

Convocava a Palazzo Reale, nei sonnacchiosi primi pomeriggi, i papà e le mamme, facendoli entrare di nascosto da una porticina laterale vicino alle cucine, e faceva colloqui, poneva loro domande in una remota saletta.

Non è che ci mettesse troppo impegno: tanto sapeva già che il Sultano, che le dava tanti sesterzi, ben difficilmente avrebbe tollerato l’affidamento dei bambini a una donna. Non valeva la pena mettere a repentaglio una posizione di assoluto privilegio, così remunerativa, e incrinare un consolidato rapporto di fiducia, per una richiesta originale di affido a una donna…

Ormai Mariana si era elaborata una strategia chiara, detta appunto il Teorema di Mariana: invitava a Palazzo le coppie coi rispettivi Psicologi di fiducia, che lavoravano anche loro per il Gran Tribunale, e nella relazione per il Sultano non indicava mai le date e il luogo ove svolgeva le sedute. Così nessuno sarebbe mai riuscito a dimostrare le sue illegalità.

Gli Psicologi delle due parti, chissà come mai – o forse lo sappiamo benissimo-, neanche loro scrivevano mai il luogo proibitissimo ove si svolgevano le sedute. Alla fine della perizia, tirata superfluamente avanti nel tempo per mesi (tanto si sapeva benissimo che le donne mai avrebbero potuto avere l’affido dei loro figli), Mariana li ricompensava. Con un bel pugno di sesterzi.

Non suoi, evidentemente! Furbescamente segnalava al Sultano che sì, evidentemente, il padre era il miglior genitore affidatario ma che bisognava essere proprio sicuri e che, quindi, sarebbe stato meglio ritrovarsi tutti assieme (madre, padre, Psicologi di parte) dopo sei mesi per accertare l’evoluzione della situazione. Mariana suggeriva poi che, nel frattempo, i due sciagurati genitori facessero 4 colloqui (non gratis, evidentemente) coi rispettivi Psicologi:

“ Entrambe le parti con l’aiuto dei relativi consulenti tecnici si dovranno impegnare a realizzare un programma di 4 incontri a cadenza mensile di riflessione tematica della durata di 1 ora e ½ ciascuno. Gli argomenti oggetto dei quattro incontri potrebbero essere: A) riflessioni a confronto sull’origine dello stato di crisi nella coppia; B) i rapporti con le famiglie d’origine; C) i bisogni e le caratteristiche del figlio; D) proposte future per una maggiore integrazione degli interventi a favore del minore”.

Questa era proprio la formuletta che Mariana apponeva in fondo alla relazione.

In tal modo tutti avevano il loro tornaconto: Mariana riusciva a creare il suo gruppo di potere, a far mille lavori (e guadagni) nella stessa unità di tempo e a mantenere una posizione di privilegio a Palazzo; gli Psicologi di parte guadagnavano tanti soldi e non correvano il rischio di inimicarsi la potentissima Mariana: prima o poi sarebbero diventati ricchi e potenti come lei; il Sultano era confermato nella sua narcisistica presunzione di non essere mai in torto nell’assegnare un minore al padre. Era uno schema collaudato ed efficacissimo: chi ne faceva le spese erano solo i bambini (affidati secondo criteri di prassi e non di merito) e i loro genitori (dissanguati da spese gravosissime).

Ma un giorno un sassolino incrinò questo meccanismo oliatissimo: capitò infatti che a reclamare il figlio in sede giudiziale venisse una cuoca del Sultano: tale Vittorina. Ella viveva a un giorno di cammino dal Palazzo e vi lavorava da tanti anni: era addetta alla pulizia del pesce per il Sultano.

Vittorina sapeva che, di norma, all’interno del Palazzo non era possibile dedicarsi ad altro che non fosse la cura degli interessi del Sultano. Così, quando Mariana, per eccesso di sicurezza, la convocò, noncurante delle leggi, per la solita perizia psicologica nella stanzetta a due passi da dove di solito Vittorina puliva il pesce, ella si insospettì. Ma poi pensò che Mariana doveva avere avuto sicuramente una deroga dal Sultano. Quella perizia durò più del dovuto e dovette richiedere anche delle visite per ispezionare le case dei due coniugi.

Alla fine della perizia Mariana richiese ed ottenne dal Sultano una proroga di altri tre mesi. In totale la perizia durò sei mesi e comprese anche dei colloqui con persone terze che ben dovevano conoscere la storia coniugale di Vittorina e di suo marito Emanuele. Vittorina indicò due modesti ristoratori del suo paese. Alla fine, ovviamente,Mariana propose di confermare l’affidamento a Emanuele e scrisse la formuletta di rito con cui procacciava a sé e ai periti di parte nuovo lavoro. Certo, Emanuele non era un buon padre: violento, manesco,aveva di fatto quasi sequestrato il figlio tanto che Vittorina era riuscita a vederlo solo una volta negli ultimi mesi. Con un retroscena del genere non fu facile per la diabolica, mefistofelica Mariana arrivare alla fatidica conclusione: “col padre anche questa volta” ma, camuffando un po’ la realtà e modificando le deposizioni rese dai testi, vi riuscì egualmente. Anzi, disse che la povera Vittorina era un po’ litigiosa, conflittuale.. Vittorina diede al suo Perito, Stefano, un foglio con delle controdeduzioni ma questi, pienamente colluso con Mariana, consegnò un papiro in cui si affermava che Vittorina rinunciava ben volentieri al figlio.

Quando lo seppe, la povera Vittorina si infuriò ma fu dissuasa dal far qualunque cosa proprio da Stefano: “Non ribellarti, Vittorina! Mariana è potentissima, è amica del Sultano e se tu dovessi attaccarla Lei ti distruggerà. Da me non avrai nessun aiuto. E ora, per favore, dammi i sesterzi che mi spettano.”.

Fu così che Vittorina, dopo mesi ancora inconsolabile, andò a confidarsi col Gran Visir, che era anche il Responsabile del buon funzionamento del Palazzo. Parlando riemerse il fatto che Mariana aveva condotto la perizia all’interno di spazi e orari destinati alla cura del Sultano e, dopo una breve verifica, anche che le due visite a domicilio, a un giorno di distanza dalla città reale, in realtà erano state condotte in orari in cui Mariana risultava essere presente a Palazzo.

Allora Mariana andò dal Ciambellano Zelig ad esporre il caso ma questi si rifiutò di dare corso alla denuncia: Mariana aveva amici potentissimi! Allora Vittorina ne parlò col Capo delle guardie a cavallo e questi col Sultano. Si verificarono le prove e si ascoltarono i testimoni. Vittorina riebbe il figlio ,mentre i tre Psicologi e il Ciambellano furono interdetti dal lavorare a Palazzo. Anzi, Mariana dovette stare per un po’ in prigione.

Allora il Sultano capì che se un sistema è troppo rigido e scontato, poi le persone che devono collaborare al suo buon funzionamento, tendono ad adattarvisi passivamente, indipendentemente dai dati di fatto e persino in dispregio della Legge: ecco perché i suoi pittori di corte, che ben sapevano che Egli prediligeva il verde, gli facevano sempre ritratti ove il verde era predominante!!

Da allora il Sultano operò e giudicò in modo più obiettivo, senza preconcetti né discriminazioni e tutti ne ebbero beneficio.

Questa è una storia esotica ma.. come dice il Saggio, nell’altrui occhio non dobbiamo guardare il pelo se non vediamo il trave che c’è nel nostro.

OVVIAMENTE OGNI IPOTETICO, EVENTUALE RIFERIMENTO A FATTI E PERSONE REALI E’ PURAMENTE CASUALE.

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