"Menzogne, menzogne, menzogne. Quanto tempo durerà ancora? Perché non posso essere felice, godere la vita? Dio, tu sei l'unico testimone che io non ho dormito con lui. Devo mentire perché altrimenti mi picchia di nuovo. E ancora questa merda che ho provato. Era terribile. Non vorrei provare droghe per tutta la vita. La cosa peggiore è che soffro ogni giorno. Mi si rimprovera ciò che non è successo. Questa è la cosa più terribile. Qualche volta mi domando perché ho mentito così. La risposta è semplicissima: per paura di essere picchiata di nuovo. Quanto ha fatto a me e al mio corpo era terribile. Quante notte insonni, quanto dolore sofferto. Aiutami, Dio ti prego. Aiuta la nostra relazione, io lo amo e potrei perdonargli tutto. Dio aiutami a rimettermi in piedi. Del resto oggi sono 5 mesi che stiamo insieme. E il mio corpo, il cuore, appartiene solo a lui ."
Era convinto che la sua fidanzata lo tradisse. Non era vero ma, nel tentativo di estorcerle la confessione, per tre interminabili settimane l'ha segregata per usarle violenze e umiliazioni di ogni tipo. Dopo averla immobilizzata al letto con le manette l'ha picchiata, le ha spento le sigarette sulle parti intime, l'ha costretta a fare sesso in tre, bere aceto, iniettarsi eroina. E ancora non bastava: l'ha spogliata, le ha urinato addosso, e l'ha fotografata. È successo lo scorso anno, in Germania, a Stadthagen, dove un 29enne cagliaritano, Maurizio Pusceddu, lavorava come cameriere in gelateria e, fra mance e stipendio, guadagnava 3.500 euro netti al mese.
La ragazza, lituana, lo ha denunciato e l'ex fidanzato (difeso dall'avvocato Annamaria Busia) è stato condannato dal Tribunale di Buckeburg a sei anni.
Con un'attenuante sorprendente: bisogna tener conto di come in Sardegna si sviluppano i rapporti tra uomo e donna. Leggere la sentenza per credere: «Si deve tener conto delle particolari impronte culturali ed etniche dell'imputato. È un sardo. Il quadro del ruolo dell'uomo e della donna, esistente nella sua patria, non può certo valere come scusante ma deve essere tenuto in considerazione come attenuante».
Passi la considerazione che l'imputato, italiano, «deve vivere separato dalla sua famiglia e dalla sua cerchia di amici in patria», e pure che «i reati sono stati un efflusso di un esagerato pensiero di gelosia», ma l'impronta etnico-culturale è davvero troppo. Anche perché lo stesso Tribunale tedesco poche righe più sotto scrive che l'imputato «ha pianificato e agito in modo straordinariamente spietato, ha vissuto fino in fondo le sue tendenze sadiche, ha tormentato la fidanzata per tre settimane, oltre alle lesioni personali e alle violenze carnali l'ha privata della sua dignità orinando su di lei, non ha esitato neppure a fotografare il risultato dei suoi maltrattamenti». Però: l'impronta culturale in Sardegna è quella. Dunque: se anche stupra, picchia, umilia, droga, deride, fotografa merita un'attenuante che l'avvocato Busia si è guardato bene dal chiedere. Era geloso, ha esagerato ma, suvvia, non è tutta colpa sua.
Il giudice ripercorre la vita di Pusceddu senza sconti: 29 anni, figlio di una coppia che gestisce un ristorante a Cagliari, consumatore di hascisc, cocaina ed eroina. Aveva conosciuto la ragazza lituana in un ristorante greco, sempre in Germania. Era il Natale 2004, si era innamorato e subito era andato a vivere con lei. Le aveva chiesto di lasciare il lavoro ed era stato accontentato. Poi, improvvisa, quella gelosia accecante per un suo collega cameriere e l'inizio, per la donna, di tre settimane da incubo: la porta di casa chiusa a chiave, il tentativo della ragazza di scappare calandosi dalla finestra con le lenzuola, le notti al freddo nuda sul pavimento con le finestre aperte, il coltellino a scalfire le bruciature appena provocate con la sigaretta, l'aceto sulle ferite.
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Come prendersela con un giudice razzista-buonista, quando il nostro Amato ministro disse:
"picchiare le donne e' nella tradizione siculo-pakistana"
Non faccio a tempo a pensarlo che Perla Scandinava ha gia' sottolineato tutta la pericolosa demenzialita' di questa politica di dis-integrazione europea di mentalita' radical-chic:
sardo-siculo-pakistano
Quel giudice tedesco probabilmente ignora la posizione geografica della Sardegna e la crede incuneata tra l’Iran e l’Afghanistan oppure sa che si tratta di un’isola italiana solo perché l’ha letto sui francobolli dietro le cartoline di sughero raffiguranti donne in costume nero, evidentemente scambiato per burqa.
Scherzi a parte quel giudice è sicuramente un magistrato assai pericoloso se è convinto che meriti clemenza la violenza sulle donne quando derivante da una diversa cultura o etnia.
Se altri uomini di legge interpretassero il codice come ha fatto costui nella loro giurisdizione spianerebbero la strada ai fautori della sharìa che, da tempo, chiedono il diritto di infliggere liberamente pene corporali alle donne, secondo le spaventose tradizioni islamiche.
E, infine, l’ultima riflessione, la più amara, ci viene immaginando che presso le corti di giustizia europee giungano le dichiarazioni di un importantissimo ministro degli interni italiano di nome Giuliano Amato, dalle quali potranno ricevere la precisa raffigurazione della sottomissione all’uomo della donna italiana.
Dunque, come possiamo prendercela con un cittadino tedesco quando abbiamo giustificato (alcuni addirittura applaudito) un uomo con quelle responsabilità di potere, il quale ha, urbi et orbi, ineffabilmente e con ammirevole flemma parlato di tradizione siculo-pakistana?
Se questi strapotenti e strafottenti continueranno impuniti la loro opera di denigrazione del cittadino, allora non resta che pronunciare quel tristissimo detto: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso!”
Sarebbe meglio difenderci in casa nostra per non vederci costretti a scagliarci contro gli stranieri, rei solamente di aver seguito la linea relativista e lesiva dell’immagine degli italiani, esportata da questo governo.
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