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Vogliamo sapere perche' quel padre sorridente sia entrato in cura per una depressione. Vogliamo sapere perche' dopo 18 mesi di cura anti-depressiva, Antonio stava ancora male. Vogliamo sapere perche' la madre del bambino che Antonio amava non voleva piu' il padre accanto al figlio, ne impediva le frequentazioni e minacciava il padre di togliergli la patria potesta'. Vogliamo sapere perche' quel giorno una mano che aveva stilato un'istanza per attuare in giudizio quel desiderio, abbia poi messo nel fax mandandola ad Antonio Faccini una comunicazione asciutta che lo informava dell'inizio del procedimento per eliminarlo come padre.
Vogliamo sapere cosa puo' accadere nella mente di uomini e donne quando rifiutano di ascoltare il cuore e dal dono di se incondizionato per un figlio, passano all'odio, al risentimento, alla distruttivita' che di azione in reazione porta a una spirale di morte che fa 100 vittime ogni anno. Noi vogliamo sapere perche' nessuno sa fermare questa morte, questa assurda spirale di violenza. Noi vogliamo sapere per quale motivo la violenza psicologica sia tollerata.
Questa e' la testimonianza di uno dei tanti casi che non trovate mai sui giornali, perche' con la sua richiesta di perdono Antonio Faccini risveglia la coscienza e ci chiama in causa, tutti.
Perche' non abbiamo fatto nulla per prevenire questo e tanti altri drammi, tragedie annunciate?
Per quale motivo si e' perso il sacro rispetto per il padre e per la madre? Per quale motivo nessuno pensa di dare ascolto a chi e' vittima della violenza psicologica, per sostenerla e spezzare la spirale di accuse con cui, attuando una forma genitoriale del mobbing, si aliena un padre? Come avviene il mobbing genitoriale e in che modo si passa da un desiderio malsano di una singola persona alla persecuzione di un mobbing verticale di stato, che distrugge chi non ha risorse per sopravvivere?
Se volete avere risposta, come noi che pretendiamo sia fatta luce e vogliamo sapere, fatevi sentire. Un caso analogo e' stato documentato in un rapporto Eurispes, Il caso Galoppo.