martedì, gennaio 08, 2008

Moratoria contro il divorzio. aborto della famiglia.

di Marco Baldassari

Cosa hanno in comune aborto e divorzio? Tutto, tanto e' vero che la jihad cristiana si sta solo occupando dell'aborto, perche' il principio fondamentale e' lo stesso da cui naturalmente discende la moratoria sul divorzio. Nascono spontaneamente le associazioni. Pannella, l'anticristo per eccellenza, diventa l'anello di congiunzione tra l'uomo e la bestia. Moratoria contro la pena di morte, lui che fu il primo a mettere a morte il sacro. Vita, educazione e morte. Dall'aborto alle canne, passando per il divorzio. Non a caso, non ha figli.

Aborto e divorzio nascono nello stesso periodo. Mentre l'onda della rivoluzione di Berkeley nasce contro la guerra in vietnam, portando PEACE AND LOVE contro la guerra e contro la violenza, in quel melting pot prende corpo il pensiero di onnipotenza femminile sui figli da cui derivano il rifuto della maternita' e il rifiuto della famiglia. Aborto e divorzio legalizzano e consentono di rimuovere psicologicamente quel limite che tiene insieme la famiglia: essere genitori significa vivere per i propri figli. L'aborto infrange questo limite. La famiglia e' fondata su questo limite posto all'egoismo del genitore, che amando il figlio si sacrifica. Non e' piu' una coppia ma una triade, indissolubile, perche' porta i legami piu' profondi della nostra esistenza. Il legame del figlio verso suo padre e sua madre sono cosi' fondamentali da segnare la sua vita per sempre.

La famiglia si fonda sul rispetto della sacra vita che nasce. Amando questa vita e vivendo per il bambino che nasce e cresce, perpetuiamo la nostra vita, contro ogni legge dell'entropia. Siamo genitori accogliendo il mistero della vita che crea ordine dal disordine. Accogliere il sacro della vita e scoprire il senso della nostra esistenza sono passi che si compiono naturalmente se siamo prima stati educati e quindi veniamo rapiti dalla nostra esperienza diretta, che dopo il concepimento ci fa imparare giorno per giorno a camminare da genitori, come uomini e donne nuovi, rinati. Soltanto un genitore puo' comprendere di cosa sto parlando, sentendolo dentro di se come verita' essenziale e palese. Questa sacralita' della vita del bambino che nasce e' fondamentale per noi, per la societa' di oggi e domani. Rimuovere il significato tragico dell'aborto rendendolo un banale gesto di "autodeterminazione" nasconde la violenza sotto il tappeto. La violenza rimane ma non si vede. Collettivamente la societa' si dispone a giustificare e anzi pretendere come "diritto" la violazione della vita del figlio. Apre le porte a ogni tipo di violenza sulla famiglia, in nome della "autodeterminazione".

Il divorzio e' l'aborto della famiglia. Se si perde il senso della tragedia che aborto e divorzio comportano, con la gravissima sofferenza dei figli e dunque violenza sulla vita sacra nascente, la societa' perde quel principio fondamentale che regge la struttura sociale. La perdita di riferimenti, la confusione mentale, la soluzione violenta di qualsiasi disagio o ferita. Giusto dunque lanciare una moratoria contro il divorzio come fa in modo provocatorio questo avvocato di dichiarata fede materialista-socialista dalle colonne di IMG press.
Nei giorni scorsi, quando una mia assistita è venuta in studio rattristata poiché i suoi tre figli, già felicemente accasati, le erano improvvisamente ritornati in casa portandosi dietro il carico economicamente oneroso dei mantenimenti a ex-coniugi e pargoli, mentre lei stessa e il marito sono ormai avanti negli anni e non in buona salute, ho subito pensato: perché non integrare il ventaglio delle moratorie proponendone una anche per il Divorzio? Se dalle colonne del Foglio si propone la moratoria per la legge 194, ormai vecchia perché dei primi anni ’80, perché da quelle di IMGPress non si può “proporre” quella per la legge Fortuna-Baslini, di qualche decennio più anziana, mentre quasi quasi in Parlamento qualcuno vorrebbe far passare il peccaminoso “divorzio express” alla Zapatero? Penso che Vaticano e Cei ne sarebbero ben lieti essendo ancora il matrimonio un vincolo indissolubile, di conseguenza per coronare degnamente il provvedimento sarebbe bene anche reintrodurre il reato di bigamia. Ricordate in proposito le vicissitudini di Fausto Coppi e della Dama Bianca? O di Carlo Ponti e della bella Sophia? Che dire poi del giubilo dei teodem che finalmente vedrebbero riconosciuto il loro peso specifico nel condurre l’ex Bel Paese al tanto agognato Stato Confessionale cui non fanno troppi misteri di voler arrivare? Sicuramente questa proposta potrebbe far venire il mal di pancia, speriamo non la tanto paventata meningite che imperversa, a tanti leaders di centro e di destra che si trovano in situazioni imbarazzanti. E’ anche vero però che chi vive dell’altare, o meglio delle parrocchie attingendone il voto, e difende le dichiarazioni Vaticane in merito a coppie di fatto, aborto e fecondazione artificiale, non può non servire l’altare appoggiando la peggiore espressione del relativismo: il Divorzio, ovvero la dissoluzione della tanto celebrata Famiglia.
Bravo, benissimo, perfettamente corretto: non possiamo soltanto mettere in moratoria l'aborto senza mettere in moratoria il divorzio. Pur cogliendo soltanto gli effetti economici sulla societa' (nonni che debbono occuparsi di figli e nipoti) questa lettera lancia quella che l'autore crede semplice provocazione, mentre in realta' non fa che sottolineare chiaramente il forte legame che esiste tra aborto e divorzio. Come si fa a condannare penalmente la bigamia (recentemente un magistrato ha perseguito un latitante che si era risposato in Russia) quando e' lo stesso stato che facilita la "bigamia seriale" con le faide tra figli dispersi nelle famiglie "allargate"? Piuttosto che creare quei drammi come quelli della Denise Pipitone o dei due fratellini di Gravina, non e' forse molto meglio la poligamia islamica, dove la prima moglie ha un ruolo, avendo voce in capitolo nella scelta delle mogli succesive che saranno sempre a lei sottoposte rimanendo tutti nella stessa famiglia? Vogliamo la parita' dei sessi? Si possono istituzionalizzare le famiglie allargate, registrando la comune in comune.

Forse esiste un equilibrio nella tradizione cattolica che essendo frutto dell'elaborazione di millenni di esperienza di vita, dai greci in poi, sarebbe bene non disprezzare con la pretesa della "modernita'" tecnologica. Possiamo vivere meglio, con meno problemi, ma l'uomo e la donna restano quelli delle caverne, non essendo ancora disponibile un "retrofit" come vorrebbe l'arzillo Veronesi che sogna la societa' omosessuale con i figli fatti in provetta e allevati dal kibbutz dello stato socialista. Mavaffanculo!

Coerenza e verita' sono fondamentali non tanto per la dottrina cattolica, quanto per la nostra "igiene mentale" che il relativismo socialista di stato cerca di distruggere sistematicamente. (Gia' in Russia l'esperienza accumulata potrebbe essere analizzata in modo da risparmiarci questa sperimentazione delirante). Infatti la dottrina assegna al diavolo l'origine del male, della divisione e della confusione.
Quello che gli dei vogliono distruggere prima lo confondono. Il diavolo ci confonde facendoci vedere il contrario di quello che e' la realta'. Le balle, insomma, sono sempre state dannose per l'umanita'.

Infatti, altro leit-motif di congiuzione tra aborto e divorzio, sono le colossali balle che vengono portate come giustificativo delle scelte violente che pochi "illuminati" hanno imposto alla popolazione mondiale. CON QUALE “BALLA” PROPAGANDISTICA SI OTTENNE LA LEGALIZZAZIONE DELL’ABORTO IN ITALIA



Il testo della legge 194/78. Analisi della legge

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giovedì, gennaio 03, 2008

oggi, la sovversione è la tradizione.

"L'uomo maschio" di Eric Zemmour
Venerdi 21 Dicembre 2007 – 14:35 – Luca Desideri

Ecco Eric Zemmour, astro nascente del giornalismo francese, il giorno in cui era invitato a “Tout le monde en parle”, storico talk-show della rete pubblica francese, France 2: stava subendo un autentico linciaggio morale, nonché una vera e propria aggressione verbale: attaccato da uomini e donne, tutti i personaggi presenti sul plateau si davano man forte per provocarlo. Financo i comici, grandi assertori della massima tolleranza, in salsa politicamente corretta, s’intende, spalleggiavano l’assalto. E lui impassibile, rispondeva bellamente e senza affanno, colpo su colpo, con la virtù dei forti, contro le litanie della massa ferita e incattivita.


Presentava il suo libro, “L’uomo maschio”, tradotto dal titolo francese “Le premier sexe”. Un pamphlet incisivo, ficcante, concreto, che inizia descrivendo i postulati della società occidentale contemporanea imperniata su “grandi principi, universalità, umanità: niente più uomini, niente più donne, solo esseri umani uguali, inevitabilmente uguali, anche più che uguali, identici, indifferenziati, intercambiabili”. Il concetto è forte, si parte dalla femminizzazione dell’uomo per andare a ritroso alla ricerca delle cause che l’hanno favorita. Un processo relativamente breve, che si sviluppa nell’arco dell’ultimo secolo con una escalation impressionante negli ultimi decenni. E’ la prima guerra mondiale che dà il là al processo: in trincea l’uomo è annichilito, svigorito e sostituito per la prima volta dalle donne in fabbrica. Si scopre vittima. I regimi autoritari tra le due guerre fanno ritrovare all’uomo la virilità perduta ma è come un colpo di coda nell’evoluzione della specie: i figli di quella generazione saranno i sessantottini, che mineranno il potere senza prenderlo, rifiutando responsabilità ma imponendo la loro morale. Saranno la generazione della rinuncia. Dal ’68 ad oggi la donna, infatti, non è più un sesso, è un ideale. Condiviso dagli uomini, tutti allevati da ragazze madri, rivoluzionarie e femministe.

L’obiettivo di quest’ultime era la libertà sessuale, l’emancipazione dal giogo patriarcale. Bisognava dimostrare come la natura non fosse altro che il prodotto di logiche sociali e culturali.
Le donne hanno anticipato il fenomeno migratorio, chiedendo e ottenendo di lavorare, con conseguenze negative sul potere d’acquisto dei salari. Hanno creato i presupposti per “investire” i settori prevalentemente maschili quali la politica salvo accorgersi poi che il vero potere è restato nelle mani tutte maschili della grande finanza. Hanno provato a “mettere i pantaloni” ma si sono ritrovate sole, divorziate, spesso con figli a carico ed in una situazione di precarietà diffusissima.

Fallito quindi il progetto di cambiare le donne il femminismo, come una macchina che genera uguali, sta riuscendo a cambiare gli uomini alleandosi con i suoi più acerrimi rivali, gli omosessuali.
“Ogni differenza, che sia fisica, sociale o psicologica, è ormai paragonabile alla diversità, nuovo peccato mortale del nostro tempo.” Ed è qui il nocciolo della teoria di Zemmour: il desiderio, infatti, poggia sull’attrazione delle differenze; riducendole sempre più, il femminismo ha allontanato i due sessi aumentando il campo d’azione degli omosessuali. Ma è un progetto sposato anche da esperti di marketing e della pubblicità. “Il pubblicitario non è un profeta; è il braccio armato del pensiero dominante. Non annuncia la società che viene, la impone a suon di promozioni.” Per citare un esempio quanto più lampante, la società multiculturale “suggerita” vent’anni or sono dalle campagne di Benetton, è oggi realtà. Già oltre un secolo fa Oscar Wilde preannunciava come “la natura imita l’arte”. L’arte, purtroppo in questo caso è la moda ed i corpi femminili si sono trasformati “sotto la matita degli stilisti che non apprezzano le donne ma le considerano semplici attaccapanni”. I creatori di moda, a stragrande maggioranza omosessuali, oltre a causare grossi disturbi psicologici spingendo le adolescenti verso l’anoressia, impongono una bellezza femminile androgina.

L’uomo attuale, invece, è sottoposto all’azione martellante di un’overdose di immagini di corpi femminili, di una promiscuità castrante fin da bambino ed al contempo sempre più oppresso dalla cultura totalizzante che impone una visione femminile della vita. Il risultato di questa morsa duale lo rende vieppiù effeminato e sempre meno responsabilizzato. “Persi i privilegi gli uomini si disfano anche dei doveri che vi erano affiancati.” Ne consegue una vera e propria società del disordine dove anche i ruoli all’interno della famiglia non sono più ben delineati come un tempo. In linea col postulato del filosofo Alain Finkielkraut: “Un tempo, la sovversione era il contrario della tradizione; oggi, la sovversione è la tradizione”

Tutto è in atto per contrastare la natura predatrice dell’uomo. Con l’abuso di vecchie e nuove leggi, il famoso “mobbing” su tutte, ogni tentativo di seduzione può essere considerato una manipolazione, una forzatura, persino una violenza. Solo l’amore può redimere i comportamenti sessuali dell’universo maschile. L’uomo deve amare e rispettare, ma i nostri illustri antenati Rousseau, Stendhal e Freud, pur con sfumature differenti, distinguevano chiaramente l’amore fisico da quello morale. Si ribadisce come il desiderio maschile poggi prevalentemente sulla dissacrazione, pur solo ideale, della figura femminile tramite “frazionamento” delle sue parti del corpo. La valvola di sfogo della prostituzione ne è un’evidente chiave di lettura: criminalizzandola, oggi, si cerca di imporre il diktat del rispetto e dell’amore obbligatorio. “Bisogna che l’uomo rinunci spontaneamente a un tipo di relazione sessuale che non sia consacrato dall’amore”.

Il “femminilmente corretto” sta divampando e con esso l’uomo effeminato, un prodotto fortemente voluto dal capitalismo che, dopo aver optato per la società multirazziale e multiculturale, ha scelto il campo della femminizzazione degli uomini. Un lento ed inesorabile declino della virilità nostrana che, scontrandosi con quella emergente degli altri popoli ci ha spinto a “rinunciare ad assimilare gli immigrati e i loro figli ovvero rinunciare a imporre loro, virilmente, la nostra cultura”.

Tutto rientra nel diabolico disegno del capitale apolide, circa la “fabbricazione di un uomo senza radici ne razza, senza frontiere ne paesi, senza sesso ne identità. Un cittadino del mondo meticciato e asessuato. Consumatore.”

Un libro che non dà ricette istantanee ma pone, senza tanti giri di parole, un problema da troppo tempo eluso, una critica che richiede un brusco cambio di rotta nell’analisi del rapporto tra i due sessi. Le differenze che la natura ha creato hanno una ragion d’essere. La posta in palio è altissima.

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